Nicoletta Lanati è una donna entusiasta, racconta con passione del suo lavoro e delle sue creazioni, perché di una cosa è certamente convinta: “tutto passa dall’amore e dal rispetto, la sostenibilità non è altro che è questo”. E da questa energia nascono progetti anche con le nuove generazioni.
Come è nata l’idea di Starlight?
L’attività a nome Starlight in realtà è nata 35 anni fa con il nome Studio Nicky ed ora prosegue come Starlight/Nicky Lab. L’intenzione è sempre stata quella di creare qualche cosa che non esistesse già.
Ero ispirata in qualche modo allo slogan americano “quello che devi fare fallo quando vuoi basta che tu lo faccia bene” e al tempo stesso volevo coniugare moda e arredamento con un occhio particolare rivolto alla cultura.
Di cosa si occupa in particolare?
Creare disegni per tessuto sia in forma digitale che a mano; dipingere a mano su capi firmati con la formula “limited edition”; creare capsule di upcycle con capi fallati o invenduti, ossia dare nuova vita intervenendo con dipinti o rammendi, è una attività che ho iniziato durante il lockdown anche riflettendo sul dato che il “nuovo” è comunque connesso al passato.
Inoltre faccio anche ricerche particolari su temi scelti dai miei clienti avvalendomi di un archivio dell’attività creato in 35 anni di lavoro.
Non si butta nulla, si rimescola tutto.
In che modo si può parlare di economia circolare nella moda?
Economia circolare nella moda significa dare lunga vita a quello che si produce. Con l’upcycling per quanto riguarda il materiale già prodotto, pensando a come strutturare una produzione sostenibile già dal filato fino al taglio senza sprechi. È necessario pensare a tutti i passaggi che portano al prodotto finito.
Può raccontarci il progetto che ha realizzato nella scuola primaria con i bambini/e?
L’idea nasce dalla necessità di formare la generazione che dovrà gestire un nuovo mondo, penso che la didattica sia fondamentale.
Ma sento anche il desiderio di dare ai piccoli i contenuti per poter costruire e conservare un mondo davvero green, fare in modo che per loro sia naturale ed automatico il rispetto per la natura e per gli esseri umani. Con questi incontri voglio fornire loro dei punti di appoggio saldi che facciano da piattaforma di partenza, fosse anche per andare a vivere sulla Luna o su Marte ma sempre in maniera sostenibile. Il progetto pilota si chiama “Economia circolare e sostenibilità” per le scuole primarie.
I bambini/e hanno portato da casa, su nostra richiesta, tre capi vecchi a cui dare nuova vita. Abbiamo insegnato loro, attraverso l’utilizzo di colori di diverso tipo (pigmenti o colori liquidi) a nascondere i buchi, i difetti, le scoloriture e a inventare disegni particolari per creare un nuovo capo.
Abbiamo insegnato loro la tecnica kintsugi dell’antica tradizione giapponese.
Di cosa si tratta?
È un’antica tecnica pensata per riparare la ceramica in pezzi creando un nuovo oggetto, l’ho trasportata nella moda perché mi permette di avere un concetto di riparazione che tiene insieme l’antico, l’internazionale e l’intimità dell’anima.
Il progetto si avvale di una collaborazione importante…
Sì, si tratta del brand di Stella McCartney, notoriamente unico nella ricerca della sostenibilità. Abbiamo con loro un contratto di fornitura gratuita di capi fallati delle collezioni Stella McCartney Kids con una prima fornitura di 70 capi che abbiamo dipinto a mano e messo insieme ai nostri outfit. Alla fine del corso durato 4 mesi con lezioni settimanali, abbiamo organizzato una sfilata come con gli adulti con service, truccatrice, musica, video maker, la stampa, il Sindaco di Laglio (Como) e personalità importanti.
L’esperienza è stata a dir poco stupenda per le bambine e i bambini: la sfilata ha significato mostrare ai grandi quanto avevano imparato con tanto lavoro ed impegno.
Eppure c’è ancora molto il pregiudizio verso il riciclo dell’usato, da dove nasce?
Credo che non si sia ancora trovata la formula mediatica che faccia passare l’Upcycle ed il rycicle come vera creazione di nuovo! Certo il rycicle comporta costi ancora alti, ma l’upcycle no! Come dicono i giovani si tratta di “sdoganare” queste pratiche e renderle usuali.
C’è il rischio di greenwashing secondo lei nell’industria della moda?
C’è di sicuro ed ancora ci sarà, sono ancora troppe le informazioni approssimative, e molti grandi brand non sono ancora pronti su questo tema.
Quali sono secondo lei le migliori iniziative in questo momento per una moda consapevole e sostenibile?
Tutte le attività di supporto ai giovani talenti, gli eventi visibili al pubblico che rendano onore ai loro sforzi, gli investimenti di alcune aziende tessili che donano il loro prodotto, sono solo alcuni esempi. Ma soprattutto la didattica a tutti i livelli, coinvolgendo chi mette a disposizione archivi e persone di esperienza. Il fil rouge è il lavoro di squadra ed è questo in cui credo maggiormente in quanto facilita una più estesa divulgazione
È fiduciosa nelle nuove generazioni o il consumo compulsivo è ancora molto radicato?
Sì sono assolutamente fiduciosa nelle nuove generazioni, per questo sto investendo, con il mio team, su di loro tempo e passione.
NB: il post non è soggetto di sponsorizzazione e/o di affiliazione con i soggetti titolari intervistati, l’intervista e i contenuti sono di pura divulgazione e informazione.