MARINAI
La ricerca di una vita migliore è ed era il movente dei giovano di ogni epoca.
Cominciavano in primavera e interrompevano ai primi freddi autunnali. Era un lavoro duro e neanche troppo ben pagato. Scaricavano le navi che da tutto il Mediterraneo transitavano per Ostia, il porto di Roma, e risalivano il Tevere trainate da buoi lungo gli argini. Il carico era grano, olio, vino, spezie, tessuti, legno, marmi, oro, argento, prigionieri, animali…
Accanto ai magazzini del porto un monte alto un centinaio di metri. Il monte dei Cocci (visibile ancora oggi), fatto delle anfore che – inutilizzate dopo il trasporto – venivano frantumate.
VINICIUS
I suoi compagni lo prendevano in giro, perché si chiamava Vinicius, un nome derivato da vino, quello che scaricava. Lavoravano dall’alba al tramonto, sempre le stesse ore, che nel periodo estivo nel mondo romano erano più lunghe.
Come ristoro, marinai e scaricatori potevano bere del vino ed erano i soli che a Roma lo bevevano senza alcuna diluizione. Un sacrilegio per qualsiasi tavola, anche quella meno aristocratica. Il vino servito al porto era sedimentoso, quasi fangoso.
Vinicius aveva sentito parlare del vino greco che – come suggeriva Plinio – era fatto con una misura ogni dieci di acqua di mare, che lo rendeva sapido e vellutato. Il vino poi era allungato con acqua fresca (assai ricercata in città), mieli, spezie, semi, sostanze
aromatiche; comunque non si beveva mai assoluto. Aveva sempre pensato che lo avrebbe voluto provare.
Stanco di quel lavoro e desideroso di fare nuove scoperte, abbandonò le sicurezze di una città come Roma, il lavoro agli horrea, la corsa delle bighe al Circo Massimo i giochi al Colosseo, con relativa distribuzione di cibo e bevande, e la primavera successiva si
imbarcò da Brindisi.
LA VIA APPIA
Per arrivarci aveva dovuto camminare un mese lungo tutta la via Appia.
Durante il viaggio si era reso utile nel guidare o scaricare dei carri. In cambio un po’ di ospitalità nelle mansiones (le stazioni di posta dove riposare). La sera in questi posti si mangiava, scherzando e chiacchierando con gli altri viaggiatori. Quasi tutti andavano a piedi. I carrettieri si lamentavano della scomodità dei loro strapuntini e solo pochi fortunati, in genere soldati di qualche guarnigione, andavano a cavallo. Il viaggio in barca, lungo i canali che fiancheggiavano l’Appia nelle distese della Pianura pontina era invece esclusivo appannaggio di principi e imperatori.
Certe sere Vinicius vinceva anche qualche moneta giocando agli astragali (antenati dei dadi), fatti di ossicini di forma cuboidale delle articolazioni delle zampe degli animali. Il resto della serata era fatto di racconti incredibili costellati da gesta improbabili. Ma quando si trovò di fronte al mare di Terracina si dovette ricredere, vide con i propri occhi che quello che gli avevano descritto era vero: l’Appia aveva un nuovo tracciato, non saliva più in cima a una montagna, ma abbattendo un’intera parete di roccia (il Pisco Montano) gli ingegneri romani erano riusciti a ricavare un passaggio tra la terra e il mare. Una montagna di cento metri tagliata per tutta la sua altezza. Una strada utilizzata ancora oggi!
LA GRECIA
Arrivato al porto di Brindisi trovare un imbarco per la Grecia era stato semplice. Aveva snocciolato qualche nozione di marineria, anche se in mare aperto non c’era mai stato. I marinai della nave, quelli veri, alzarono le vele e si diressero a Oriente. Per arrivare sulle 2 sponde dell’Epiro ci sarebbe voluto qualche giorno, forse una decina, dipendeva dai venti e dalle correnti. Per questo in antico si navigava solo nella bella stagione.
Dopo alcuni giorni di venti favorevoli la notte successiva c’è bonaccia e una leggera nebbiolina impedisce di scorgere le stelle. Alle prima luci dell’alba Vinicius e altri vengono messi ai remi, ma prima bisogna decidere la direzione. Il nocchiero apre la stia dove
c’erano gli animali per il viaggio. Insieme alle galline anche un maialino, per uso alimentare, se proprio necessario, ma soprattutto per indicare la rotta. Gettato in acqua, il maiale fa un paio di giri su sé stesso e – grazie al suo olfatto finissimo – punta
decisamente in una direzione, verso terra! È là che dobbiamo andare, sentenzia il nocchiero. Recuperano l’animale e cominciano a vogare. È una nave da trasporto lunga una trentina di piedi (circa 10 metri), pesante e dalla chiglia poco affusolata. Arrivano a
intravedere la terra troppo a nord e ridiscendono verso sud lungo la costa. Il nocchiero sa il fatto suo, ma il viaggio è durato comunque quindici giorni.
Vinicio gli domanda se è sempre così: non sempre, risponde, ma a volte è successo che ci abbiamo messo anche di più.
Arrivati al porto Vinicius finisce di pagare il passaggio partecipando allo scarico della nave. Ora potrà finalmente assaggiare quel magnifico vino greco che era stato il pretesto del suo viaggio. Lo annusa, lo sorseggia, lo assapora, è tutta un’altra cosa rispetto a quello torbido e forte che beveva a Roma.
Non conosce il greco, ma in porto tutti parlano il latino. Decide di rimanere almeno per tutta l’estate e – forse – tornare con l’ultimo cargo di fine stagione.Qui in Grecia neanche i marinai bevono il vino assoluto e scherzando dicono che solo la hybris di Ulisse potesse convincere Polifemo a bere un cratere di vino rosso assoluto, per ubriacarlo prima di accecarlo.
LA RICERCA DI UNA VITA MIGLIORE
Qualche tempo dopo Vinicius fantastica sul suo ritorno a Roma. Ha sentito che stanno scavando un canale navigabile tra Roma e Neapolis (Napoli), che consentirà il traffico marittimo anche in inverno. Per lui sarebbe l’assicurazione di un lavoro stabile.
Dopo duemila anni, della Fossa Neronis, il canale navigabile tra le due città, rimane solo qualche traccia intorno al Circeo. Il canale non fu mai portato a termine, forse per l’improvvisa morte dell’imperatore, o più probabilmente per le grandi difficoltà tecniche dei lavori.
Rimane invece immutata la ricerca di nuovi orizzonti e di un lavoro migliore per i giovani di ogni epoca.