Il falco: un lungo viaggio per la vita
Il caldo è soffocante, appena mitigato dall’altezza del volo.
Sotto una distesa di sabbia infinita, il Sahara per centinaia di chilometri.
Nessuna preda, nessun riposo.
Le ali frullano a ritmo costante, velocità e consumo di energie devono stare in equilibrio, altrimenti le riserve di grasso finiranno prima di vedere il Mediterraneo.
È un falco, un falco della regina, partito dal nord del Madagascar per tornare dove è nato l’anno scorso: le scogliere della parte sud dell’isola di San Pietro, l’ultima propaggine meridionale della Sardegna.
Una trasvolata che non segue una linea retta, ma che è influenzata da tanti elementi: dal caldo, dal freddo, dal vento, dalla pioggia, dalla ricerca di cibo e dal bisogno di riposare.
In questo caso il nostro falco ha attraversato tutta l’Africa da est a ovest dirigendosi verso il golfo di Guinea, poi dal Burkina Faso punta decisamente a nord e attraversa il deserto, senza scalo.
Si riposa e si alimenta per una mezza giornata e quindi con un altro balzo attraversa il Mediterraneo.
Quando lascia la Tunisia si sente già a casa, la sua casa estiva, dove nasceranno i pulli, i piccoli dell’anno, che poi faranno ritorno anche loro in Madagascar.
Rotte, tappe, tempi, variazioni, sono scritte nel Dna. Una legge di natura atavica e imperscrutabile.
Non sappiamo perché i falchi della regina vengano tutti dal Madagascar, pure quelli che, con altre rotte, vanno in Grecia o in Spagna.
Probabilmente queste mete sono il frutto di aggiustamenti che in decine di migliaia di anni hanno consolidato “i piani di volo” di questi uccelli.
Il falco della regina ha un corpo affusolato e un’apertura alare di circa un metro. Agile e resistente, fa impressione scorgerlo in formazione, sì perché tra l’altro caccia in gruppo.
Sull’isola di San Pietro è facile vedere il cielo punteggiato dai falchi, controvento, apparentemente fermi. Aspettano che arrivino gli uccelli migratori, da nord se c’è il maestrale, o dall’Africa con vento
da sud.
Nessuno sfugge a uno sbarramento così serrato. I falchi devono alimentare i nuovi nati che aspettano nei nidi sulle scogliere, e i piccoli uccelli sono facili prede.
Il falco della regina deve il suo nome a Eleonora d’Arborea, che regnò in Sardegna nel XIV secolo e che promulgò una legge in cui inserì un articolo che vietava la caccia ai falchi.
Oggi è una specie protetta anche secondo le direttive europee.
È classificata come vulnerabile specialmente per la presenza di minacce gravi dovute al disturbo antropico presso i siti di nidificazione.
Siti che sono piuttosto limitati, perché devono avere delle caratteristiche ben precise, prima tra tutte essere scogliere localizzate sulle direttrici di migrazione dei passeriformi, per assicurare una buona quantità di prede.