Intervista a Mauro Balboni autore del libro “Il pianeta dei frigoriferi. Segnali dal futuro del cibo”.
di Barbara Bonomi Romagnoli
Avete mai pensato che ci son voluti “100 anni per arrivare globalmente al primo miliardo di frigoriferi domestici ma ora, nei pochi anni da qui al 2030, altri 3 miliardi di esseri umani potranno permettersi, per la prima volta nella storia, di averne uno”?
È da questa riflessione che nasce l’affascinante racconto di Mauro Balboni, autore de “ll pianeta dei frigoriferi. Segnali dal futuro del cibo” [Scienza Express, 2022], un volume che si legge come un romanzo ma che di inventato non ha nulla, neanche le storie più bizzarre delle insalate cresciute in tunnel sotteranei. Un testo in cui si parla di ambiente, cibo, biodiversità, storia umana e modelli culturali, affermando senza troppi giri di parole che la sicurezza alimentare non può essere un lusso solo per un pezzo di mondo.
Soprattutto, un libro in cui emerge la competenza dell’autore nello smontare luoghi comuni anche nell’ambientalismo, perché anche dire il “buon cibo di una volta” è – avverte Balboni – “un rifugio mentale giustificato solo dal fatto di non averlo mai mangiato”.
Balboni, laureato in Scienze agrarie all’Università di Bologna, appassionato di insetti sin da giovanissimo ha seguito fra gli altri i corsi di Giorgio Celli – entomologo e divulgatore di fama internazionale – e ha poi lavorato oltre 30 anni nella ricerca e sviluppo della grande industria agrochimica.
Ha costruito la sua narrazione tessendo insieme dati ed evidenze scientifiche, esperienza, rapporti, documenti e anche denunce. E non ha dubbi: “l’agricoltura è l’attività umana che più ha impattato la biodiversità nel nostro pianeta, lo ha plasmato per come lo vediamo ora e ha divorato ecosistemi naturali su larga scala, metà delle terre emerse è stato destinato alla produzione di cibo”.
Eppure, siamo dinanzi ad un mondo con degli squilibri alimentari enormi, in cui è in corso il più grande esodo di massa della storia umana dalla campagna alle città, per via dei cambiamenti climatici ma anche della mancanza di cibo sicuro e sano. Assistiamo a grandi contraddizioni, da un lato è in calo la sottonutrizione, oggi ne soffre un essere umano ogni dieci, nel 2050 arriveremo a uno ogni 19, dall’altro sempre nel 2050 avremo un miliardo e mezzo di obesi e una richiesta di cibo enorme a fronte degli 8 miliardi di abitanti del pianeta.
Stiamo assistendo, scrive Balboni, alla nascita del “mangiatore globale, un sapiens urbanizzato di reddito medio il quale – in tempi che in ottica storica sono un battito di ciglia – si sta lasciando alle spalle l’economia rurale, circolare e locale del villaggio per adottare stili alimentari che implicano un flusso globale di materie prime agricole e delle risorse necessarie a produrle”.
Peccato che il pianeta sia in estrema sofferenza, ha quasi esaurito le risorse e la fotografia di Balboni non è semplicemente lucida e impietosa è anche piena di buone soluzioni che potrebbero essere prese in considerazione dai governi mondiali se davvero volessero affrontare la questione: “dalla questione della sostenibilità – produrre meglio dove ci sono aree già coltivate e non andare a produrre ai Tropici deforestando estese aree per perseguire gli obiettivi dell’agribusiness ma anche della piccola agricoltura di sussistenza – al tema del cibo ricavato da proteine di insetti nutriti con scarti alimentari”.
Ma ancora, afferma Balboni, sarebbe importante rivedere gli accordi economici che in ambito Ocse fanno sì che “ogni anno 380 miliardi di euro siano spesi per sussidi agricoli, mentre andrebbero investiti in innovazione senza rincorrere il km zero per gli 8 miliardi di cittadine e cittadini urbani del 2050”.
Non vedremo collassi totali del genere umano, secondo Balboni, ma “l’Europa meridionale sarà fra le aree maggiormente colpite dai cambiamenti climatici, per cui è necessario pensare a cibi diversi, a colture che possano resistere alla siccità, governare lo spreco alimentare e per tutto questo è importante fare più divulgazione possibile, rendere consapevoli le consumatrici e i consumatori in una ottica diversa: non salviamo il mondo da soli, solo con il carrello della spesa e una sostenibilità fai-da-te, è necessario che si chieda una governance globale sulla sicurezza alimentare che impegni la politica, non domani, perché già oggi è tardi”.
NB: il post non è soggetto di sponsorizzazione e/o di affiliazione con i soggetti titolari intervistati, l’intervista e i contenuti sono di pura divulgazione e informazione.