di Roberto Sinibaldi
L’acqua dal terreno. Ah, se ci fosse!
Eppure c’è un geologo francese che – munito di una trivella –aiuta dei villaggi africani a estrarre l’acqua dal terreno. E quindi a migliorare considerevolmente il loro livello di vita (prima per averne poca e fangosa dovevano percorrere lunghi e tortuosi sentieri).
Questa vicenda fa venire in mente il mito di Prometeo, che rubò il fuoco agli dei per donarlo agli umani. La storia è narrata in una tragedia greca attribuita a Eschilo (appunto Prometeo incatenato). Prometeo pagò cara la sua generosità perché Zeus lo punì, incatenandolo a una rupe.
Fortunatamente la sorte del geologo francese è stata molto diversa. Pensiamo che gli abitanti del villaggio gli siano stati riconoscenti.
La notizia è di qualche tempo fa.
Il geologo francese Jean Claude decide di passare in Africa le sue vacanze. Lo fa in un modo tutto suo. Si mette alla guida di una Land Rover e fin qui niente di strano. La cosa originale sta sul rimorchio della Land. Si tratta di una trivella.
Accompagnato dalla moglie, fa il giro di alcuni villaggi, dove rimane qualche giorno. Giusto il tempo di togliersi di dosso l’aura del marziano e riuscire a comunicare bene le sue intenzioni al capovillaggio.
Vuole usare delle sonde di perforazione, cose difficili da spiegare a chi magari non conosce proprio il concetto. Dice comunque agli anziani che porterà acqua, loro non ci credono. Sono scettici perché lo ritengono improbabile, anzi impossibile.
I carotaggi per trovare l’acqua nel terreno
Il nostro eroe (perché è un eroe), scruta, valuta, analizza i terreni e decide dove fare i carotaggi.
Gruppo elettrogeno acceso giorno e notte, la mattina successiva ecco che l’acqua zampilla.
La gente impazzisce, l’euforia dilaga, anche Jean-Claude e la moglie sono entusiasti.
Dopo qualche tempo ripassano da quegli stessi villaggi: la vita è cambiata, è migliorata. Ci sono gli orti e gli animali.
Per l’acqua non bisogna più fare due ore di cammino per prenderla in una pozza fangosa. Per gli abitanti di quei villaggi partire alla ricerca dell’acqua non è più un’impellenza assoluta.
Un esempio da seguire
Se una cosa così la fa un uomo, questa storia rimane un apologo.
Se invece fosse dentro un piano generale di rapporti tra paesi poveri e Occidente avrebbe tutta un’altra portata.
Negli ultimi secoli di colonialismo, una volta dichiarato e ora più subdolamente sostanziale, prima ci siamo portati via tutto e poi abbiamo
proposto quasi sempre piani internazionali piuttosto asimmetrici per le convenienze commerciali.
Come noto l’Africa si avvicina all’Europa, geologicamente di alcuni millimetri l’anno, socialmente di decine di milioni di individui nei prossimi decenni.
L’uso e la distribuzione delle risorse naturali sono un buon indicatore per misurare l’incidenza della cittadinanza planetaria.
Ma i problemi ecologici e sociali sono uniti, non c’è tutela ambientale senza giustizia sociale.
Dobbiamo partire da qui.
di Roberto Sinibaldi