Abbiamo intervistato Emanuele Rissone CEO e fondatore di Forever Bambù che punta alla creazione di bambuseti in tutta Italia (presto anche all’estero). Forever Bambù è nata come startup innovativa nel 2014 ma oggi ormai è qualcosa di più ampio. Intanto qualche dato saliente.
Le srl che costituiscono la holding sono ormai 24 suddivise in cinque comparti. Il capitale di partenza per ogni Srl è tra i 180 e i 220 mila euro e il ritorno dell’investimento si aggira dal 10 al 20% annuo. Dal 2014 a oggi sono stati raccolti 8 milioni di euro investiti da oltre 400 soci provenienti da 5 paesi. Le 24 società agricole hanno fino ad oggi piantumato 76.400 piante in 85 ettari. E i programmi di sviluppo sono ancora più ambiziosi come la prossima quotazione in borsa. Ma lasciamo parlare Emanuele Rissone.
D-Signor Rissone ci vuole spiegare la realtà e la filosofia di Forever Bambù, magari prendendola anche da lontano.
R – Sì è meglio. Il discorso sarà più chiaro. Partiamo dall’antefatto che dà velocemente due numeri veloci sulla situazione che stiamo vivendo e si sposa con quello che state scrivendo sulla rivista.
Iniziamo dicendo che cerchiamo di stimolare le persone con un po’ di frecciatine. La prima che lanciamo è 12 anni. Secondo gli esperti è il tempo che abbiamo a disposizione per ridurre le nostre emissioni e far svoltare il modello produttivo attuale con una vera e propria rivoluzione green che permetterà di salvaguardare il futuro del nostro pianeta. Noi sappiamo che ci sono una serie di parametri limite a cui ci stiamo fortemente avvicinando. In pratica: la temperatura è in rialzo, si stanno sciogliendo i ghiacci, la quantità di CO2 che è comunque raddoppiata negli ultimi cinquant’anni. Se questi parametri arriveranno al limite massimo, non si potrà più tornare indietro.
Il tempo per modificare e iniziare a creare delle economie sostenibili è dodici anni.
Questo fa ridire, è veramente poco. Mentre fino a qualche decennio fa si sentiva profetizzare cambi nell’economia futura – e sembrava si parlasse di centinaia di anni a disposizione – adesso si parla di dodici anni. Che passano in un batter d’occhio per cui dovremmo veramente far qualcosa.
Poi parliamo di quanti siano sempre più i governi che investono nella green economy; quante le aziende che scelgono questo indirizzo a fronte della crescita e della consapevolezza dei consumatori, diffondendo valori quali sostenibilità, qualità e innovazione, fondanti la Green Society.
Valori che ritroviamo come obiettivi nella mission di Forever Bambù.
La nostra è un’azienda con due anime:
- Quella imprenditoriale che ho portato in questo progetto. Quando ho studiato il bambù gigante l’ho fatto con una visione da imprenditore. Prima di Forever Bambù avevo un’altra impresa che si chiamava Vitamin Store; era una catena che produceva e realizzava integratori alimentari. Vitamin Store è diventata un colosso in Italia e in Europa e aveva negozi in tutte le città d’Italia e la sede a Cernusco sul Naviglio. La produzione era ad Ancona con una fabbrica di produzione a Falconara Marittima. Avevamo un centro di ricerca e realizzavamo prodotti a marchio nostro e li vendevamo nella nostra catena di negozi quando ancora i negozi erano in auge prima dell’avvento delle vendite online. Ci siamo divertiti e abbiamo fatto un bel lavoro.
- La seconda è quella Green che ha portato il mio socio, Mauro Lajo. Ma ne parleremo più avanti.
D- Questo negli anni?
R- Vitamin Store inizia nei primissimi anni 90 e va avanti fino al 2013. Ho fatto – come spesso dico – i primi 25 anni della mia vita dedicati alle vitamine. Nel 2011 ho deciso di vendere il gruppo, ho fatto due anni di transizione e poi ho fatto un’exit nel 2013.
I successivi due anni li ho dedicati ai tesori più importanti della mia vita: due bambine, che sono anche la motivazione che mi ha spinto a creare Forever Bambù come progetto imprenditoriale.
Così nel 2014, tramite un mio dipendente, sono entrato in contatto con il bambù gigante. Mi ha detto: ‘stai cercando qualcosa di nuovo, qualcosa di green. Bene, hanno importato il bambù gigante in Italia potrebbe piacerti’. Io ho viaggiato molto in Asia, lo conoscevo abbastanza bene e mi affascinava.
Ho partecipato ai primi incontri con le lenti dell’imprenditore. Certo, volevo fare qualcosa di green, ma sempre come imprenditore, che è quello che sono.
La pianta mi ha subito affascinato per le sue potenzialità e per le caratteristiche che avrebbero portato a un forte sviluppo. E qui apro una parentesi raccontandovi quello che ho scoperto.
Una volta creata la foresta la pianta – che è un grattacielo alto 20-25 metri – una volta tagliata può essere usata per ricavarne il legno e l’anno dopo quella pianta rinasce tale e quale. Completamente diversa da un nostro albero, che una volta tagliato impiega magari quindici anni a ricrescere. La pianta di bambù vive sottoterra attraverso un sistema di rizomi che sono le classiche radici che hanno delle dimensioni importanti. Questi rizomi emettono dei frutti che sono i germogli della pianta. Quando lei raccoglie quella pianta e la taglia è come se lei stesse potando i rami di un albero. L’albero non muore. Si rafforza.
Quindi quando ho scoperto che potevo ricavare del legno per circa 80-100 anni grazie alla produzione continua dei bambuseti, ho detto wow. Ho trovato un prodotto che ha un bell’utilizzo. Quando sono andato a studiarlo un po’ più approfonditamente ho scoperto che con quel legno si possono fare: la carta, perché hanno una percentuale di cellulosa altissima e la bio-plastica con le fibre di bambù. Una plastica che se dovesse finire in acqua poi si degrada lei. Si può utilizzare la fibra di bambù per fare dei vestiti meravigliosi. Sembrano seta e sono completamente naturali. E non devo uccidere degli animali come nel caso del baco da seta perché lei prende delle piante, le tratta ed estrae la viscosa da una parte e la fibra dall’altra.
Lavorando il legno si può fare di tutto: porte, pavimenti; basta usare la fantasia, praticamente qualsiasi cosa.
D – A me piacciono i canneti. Ma dentro non sono cavi?
R – Sì, sono cavi. Invece una pianta gigante, all’interno è una via di mezzo. Il bambù gigante è molto differente dai canneti. Ha un diametro di 15 cm per circa 20 metri di altezza. La costa è spessa circa un centimetro e mezzo e si sviluppa per venti metri per un totale di 50-100 chili di legno. Rispetto ad un albero che magari ha 500 chili di legno è sicuramente di meno, ma a differenza di un albero normale, il bambù dopo un anno ricresce, uguale in pochi mesi.
D – Ma non c’erano prima in Italia bambù giganti?
R- No solo qualche piccolo bambuseto ornamentale. Spesso li utilizziamo per far foto e video, giriamo i film; ma si tratta sempre di impianti di 2-3.000 metri, 5.000 non a livello industriale come quelli che utilizziamo noi. La scintilla è scattata quando ho scoperto gli oltre 1600 utilizzi: la carta, la plastica, i vestiti e tutti gli accessori e le strutture in legno.
A queste proprietà possiamo aggiungere una seconda particolarità di questa fantastica pianta. Se la raccogliamo quando è piccola, produciamo dei germogli di bambù che sono edibili e si consumano, ad esempio nei ristoranti orientali. E’ quella verdura un po’ croccantina che lei trova in mezzo a pezzi di verdura: quello è germoglio di bambù. Dopo glielo do da assaggiare così lo sente. È buonissimo.
D- Parliamo della parte alimentare?
R – Proprio nella parte alimentare ho visto l’aspetto imprenditoriale. Voglio sottolinearlo perché ci credo veramente tanto. Un prodotto per essere imprenditoriale deve avere un grosso utilizzo con ampie e diverse possibilità di crescita futura. Ci sono moltissime cose che si possono fare, ma che non hanno futuro: ad esempio una catena di negozi, vendere profumi che si trovano anche online, creare una rivista stampata che faticherebbe a stare in piedi.
Il bambù gigante ha un futuro. Immagini per un momento la possibilità di trasformare tutto ciò che oggi è fatto con legno, la carta con cui adesso scriviamo, utilizzando foreste che ricrescono in soli 5 anni. Si entra, si taglia e nel giro di uno-tre anni si ricreano, dando la possibilità di tagliare ogni anno piante mature. Questa devo dire è la parte che mi ha attratto.
D – A proposito: in Italia c’è un sacco di territori abbandonati. Si possono prendere facilmente degli appezzamenti di terreno perché ce n’è un’offerta strabocchevole…
R- Anche noi lo stiamo facendo … Però per noi questi terreni devono avere delle caratteristiche specifiche: devono essere in pianura, devono avere dell’acqua limitrofa in modo da renderli irrigui, oltre ad una serie di qualità che indaghiamo prima dell’acquisto. Stiamo comprando proprio in questo momento un grosso terreno a Grosseto con queste doti.
D- E allora ne parlerà con il nostro presidente. Ha scelto un terreno dentro Bologna e ne ha fatto un bosco. Ha chiamato un esperto per sapere quali tipi di piante si possono mettere a dimora.
R – Sì altrimenti poi i boschi non prendono.
Ma torniamo alla parte Green che forma quest’ azienda. Che cosa è accaduto? Mentre studiavo questa meravigliosa pianta, mi sono innamorato della parte green che è intrinseca a questo business. Cioè quando ho iniziato a mettere in piedi il progetto per comperare dei terreni, comperare le piante, mettere giù le piantine, creare le foreste, mi sono reso conto che queste foreste hanno degli aspetti green che sono sensazionali.
- Una foresta che quando avrà il legno lo potrà tagliare continuamente per un centinaio di anni. E’ un elemento incredibile.
- La dimensione della pianta. Le piante sono alte 15-20 metri come minimo. Mentre i primi 8-10 metri sono di fusto libero, i successivi 7-8 sono ricoperti da foglie che sono sempre verdi 365 giorni all’anno. Quindi guardando dall’alto una foresta di bambù, notiamo un ammasso fogliare che è superiore alla quantità di foglie che trova in un normale bosco. Quindi la quantità di ossigeno che produce un bosco di bambù è superiore del 35% rispetto a un bosco normale.
La cosa che mi ha stupito di più è che per produrre tutte quelle foglie per la fotosintesi clorofilliana consuma fino a un triplo di un normale impianto arboreo di CO2. In questo modo il bosco di bambù sequestra CO2 come tre boschi normali della stessa dimensione.
Per questo parliamo di una doppia anima all’interno di Forever Bambù: la capacità imprenditoriale che ho portato qui dentro per un prodotto che sicuramente ha utilizzi per il futuro e dall’altra parte la possibilità di fare impresa facendo anche qualcosa di positivo per l’ambiente.
Per me fare impresa nella green economy è abbattere l’inquinamento e anche rendere positivo il mio passaggio su questo pianeta: produrre più ossigeno, lasciare verde, più foreste e perché no, sequestrare CO2.
Come dicevo in apertura, il mio sogno è lasciare le foreste alle mie figlie. È questa è un obiettivo condiviso tra noi fondatori. (NDR – su un tema molto simile si veda l’intervista a Ricci Curbastro pubblicata sempre su Phorestanews)
D – Le figlie potranno iscriversi ad agraria se vorranno.
R- Sì se vorranno. Ma veniamo a quanto è successo dal 2014. Abbiamo iniziato pian piano con le prime aziende, fino ad arrivare, grazie a soci e investitori che hanno creduto nel progetto, a un gruppo di venticinque società agricole che si chiamano tutte Forever Bambù. Sopra queste società c’è una holding, Forever Bambù Holding di proprietà dei soci fondatori.
Nella Holding siamo io, il mio socio che è l’agronomo che si occupa della parte agronomica del gruppo e altri soci che sono partiti insieme a noi e che hanno creato questa holding. La holding partecipa in tutte le società, con percentuali diverse tra il 5 ed il 20% delle singole società. Nel 2019 abbiamo deciso di modificare l’assetto di Forever Bambù, fondendo insieme tutte le società in un’unica SpA. E poi sbarcheremo in borsa. Per fine anno sarà terminato il progetto di fusione.
Sono al lavoro due periti; un perito agronomo che sta facendo le perizie sui terreni e sulle piante. Ed un perito industriale che sta facendo le perizie sulle aziende. Le perizie vengono accorpate, danno valore al gruppo e si crea la SpA. Dopo la SpA, si passerà alla quotazione in borsa che abbiamo già aperto.
D- Magari in un listino secondario.
R- Certo l’azienda è troppo piccola e non è abbastanza produttiva da essere sul listino primario. Stiamo analizzando una delle tante borse europea. E poi cercheremo di attirare investitori strutturati come fondi, banche, anche d’investimento da tutta Europa.
D – A proposito d’investimenti. Posso dirle che uno degli investimenti che sta crescendo più rigogliosamente è quello green. Questo perché la finanza che era basata sul fossil fuel è sempre più sotto accusa e quindi lei si troverà tra qualche anno dei consulenti che raccomandano o rappresentano green fund. Una delle prime società del genere è IR TOP di cui noi abbiamo intervistato l’AD, Anna Lambiase. (Segue nel prossimo numero)