Abbiamo trovato su Nature nella rubrica Comment un post che affronta un problema molto grave (l’inquinamento dell’aria) e prospetta alcune soluzioni. Gli autori sono Xiangdong Li, Ling Jin & Haidong Kan.
Il post è diviso in due parti. Nella prima c’è un’accurata disamina del fenomeno – che come vedremo non è stato sufficientemente scandagliato – e una seconda tratteggia alcuni passaggi che – come si diceva – potranno portare a una mitigazione del problema. Alla base dell’articolo c’è una tesi che viene chiarita dal titolo ’Inquinamento dell’aria: un problema globale che ha bisogno di correzioni locali’. Come mai? Xiangdong lo dichiara subito con urgenza nelle frasi introduttive. I ricercatori devono trovare quali siano le particelle più pericolose in ciascun posto del globo in modo che i politici possano poi ridurre i livelli di tali inquinanti (pollutants). Naturalmente si parla inizialmente soprattutto della Cina. E qui Xiangdong rievoca un’immagine molto suggestiva se non fosse drammatica. Nel gennaio 2017 la gente sale su un grattacielo per osservare il fitto smog che avvolge la città di Zhengzhou.E’ un assedio vero e proprio. Ma poi si passa ai dati: ogni anno – secondo l’Organizzazione per la Salute Mondiale (WHO) – più di 4 milioni di persone muore prematuramente a causa dell’inquinamento dell’aria all’aperto. E i principali colpevoli di tutto ciò sono le polveri sottili, quelle con un diametro di 2,5 micrometri o anche meno (PM2,5.) Queste micro particelle possono penetrare in profondità nei polmoni, nel cuore e nel flusso sanguigno dove provocano malattie varie e il cancro. Questo è un concetto generale che sappiamo; è assodato. Ma c’è un grave limite: le medie globali stimano che queste microparticelle siano le stesse in tutto il mondo. Invece non è così. Il PM2,5 è una combinazione di sostanze chimiche (idrocarburi, sali e altri componenti emessi dai veicoli, stufe da cucina e altri di origine industriale). Poi ci sono altri componenti naturali come polvere e microrganismi. L’insieme – e qui arriviamo al punto espresso dal titolo – è che la varietà dei componenti e quindi la tossicità muta da luogo a luogo e con il tempo. I modi in cui questo avviene purtroppo non sono tracciati, compresi o gestiti. Per esempio in Asia la fuliggine proveniente dal riscaldamento residenziale e dal cucinare è la maggior fonte di PM2,5. Invece nei paesi europei, in Russia, Turchia, Corea del Sud e Stati Uniti Orientali sono le emissioni agricole quali l’ammoniaca. E ancora: la polvere del deserto spinge l’aria inquinata nell’Africa settentrionale, nel Medio Oriente e nell’Asia centrale. Non sappiamo quale di questi fenomeni sia il più dannoso. Il fatto è che il calcolo dei livelli di PM2,5 dà un’immagine rozza della tossicità degli inquinanti dell’aria in un posto specifico. Ci viene in mente la famosa battuta di Trilussa sulle statistiche: secondo la quale se ci sono due persone una delle quali mangia due polli e l’altra nessuno risulta che hanno mangiato un pollo a testa. Il problema allora è che gli scienziati devono aiutare i governi e le municipalità a scoprire quali sono i più pericolosi elementi costitutivi dell’inquinamento dell’aria e, come prima cosa, mitigarli. Concludendo questa parte gli autori rilevano allora che i ricercatori e i politici debbono ripensare nuovi metodi per valutare i rischi per la salute ed escogitare misure normative e per ridurli. Vedremo queste formule in un post successivo (Segue).