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Ci sono anche le buone notizie, dopotutto. Una è sicuramente la decisione della UE di mettersi a capo della lotta all’inquinamento da plastica. Infatti – come riferisce anche il quotidiano El Pais del 20 dicembre 2018 – sono state proibite le stoviglie, le cannucce ed i bastoncini di plastica prodotte con le procedure tradizionali. Ma facciamo un passo indietro per inquadrare meglio il problema. La plastica è diventata un problema ambientale a partire dagli anni 60 (ricordate il famoso Moplen – cioè il polipropilene isotattico- pubblicizzato in televisione da Gino Bramieri?) per via dell’enorme aumento della produzione (da 1,7 milioni di tonnellate nel 1950 a 335 milioni nel 2016) e del limitato riutilizzo (solo il 30%).
Quante volte abbiamo visto servizi televisivi che mostrano negli oceani vere e proprie ‘isole’ costituite da rifiuti di plastica galleggianti o spiagge ridotte a discariche di bottiglie (e altro) sempre in plastica? E’ vero (e ne abbiamo parlato anche su Phoresta) che sono allo studio e in qualche caso sono già stati realizzati tipi di plastica biodegradabili ma il loro costo – per il momento – ne rende difficoltosa la diffusione. Ben venga allora questa direttiva che proibisce la commercializzazione di cannucce, piatti, bicchieri, posate, contenitori di polistirolo per fast food e anche bastoncini per la pulizia delle orecchie in plastica tradizionale e di vari altri prodotti usa e getta. Soffermiamoci un attimo su questi prodotti che si potrebbero definire ‘Usa, getta e inquina’ che sono tra i dieci rifiuti che si trova più spesso sulle spiagge. La lista comprende tra gli altri bottiglie e mozziconi di sigarette: ciascuno di questi inquina fino a 500 litri di acqua e si decompongono in 12 anni. Gli articoli in plastica per altro potrebbero già oggi essere prodotti con altri materiali riciclabili che risultano biodegradabili. In pratica sono materiali di cui dopo l’uso è prevista la loro decomposizione fisica, chimica, termica e biologica. Al termine di questo processo la maggior parte si decompone in CO2, biomassa e acqua. L’impegno europeo è iniziato a maggio del 2018 ma tra novembre e dicembre c’è stata un’accelerazione per cui tutti i paesi membri della UE si dovranno adeguare entro il 2021. La direttiva impone oltre a cambiamenti produttivi per i fabbricanti anche nuove regole per i consumatori per far loro ridurre i rifiuti. Naturalmente si andrà per gradi. Entro il 2025 le bottiglie di plastica dovranno essere prodotte con almeno il 25% di plastica riciclata che diverrà il 30% a partire dal 2030. Entro il 2025 il 90% delle bottiglie in plastica dovranno essere raccolte separatamente e riciclate. Altri prodotti (come le sigarette con il filtro e le salviette umide e sanitarie) dovranno recare ben in vista nelle etichette il loro impatto negativo sull’ambiente. Come si vede la direttiva tocca tutti gli aspetti, dalla produzione al consumatore. Ma da dove nasce questa direttiva? Da una ricerca realizzata nel 2016 dal Centro Comune di Ricerca della Commissione Europea alias JRC Join Research Center che, tra l’altro, ha rilevato come l’84% dei rifiuti sulle spiagge europee sono di plastica. Una ricerca che, come si vede, ha dato dei buoni frutti.