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Che rapporti ci sono tra i cambiamenti climatici e le migrazioni?Abbastanza stretti come si può intuire. Infatti ci sono popolazioni che lasciano i loro territori per vari motivi come ad esempio i conflitti. Ma la siccità e in genere le avverse condizioni climatiche giocano un ruolo sicuramente importante. A indagare sui legami tra questi due fenomeni c’è stato – alla fine dell’anno scorso, il 17 ottobre 2018 – un interessante convegno a cura della associazione Nazionale Giuristi Democratici, ordine degli avvocati di Roma.
Radio Radicale ha registrato l’intero convegno e lo ha postato sul web. Quindi è stato possibile sentire molti punti di vista sui legami cambiamenti climatici-migrazioni con un taglio naturalmente soprattutto giuridico. Interessante soprattutto il tentativo di definire il migrante climatico cioè colui che è costretto a spostarsi da luogo natio per via del climate change. I lavori sono stati aperti da Mauro Vaglio che ha precisato gli obiettivi e gli intenti del convegno e presentato i numerosi relatori che si sono succeduti (ne abbiamo contati undici, di diversa estrazione).
Non possiamo né vogliamo darvi un resoconto dettagliato di tutto quello che è stato detto (solo le registrazioni superavano abbondantemente le tre ore) ma riportare alcuni degli spunti e le argomentazioni che ci hanno particolarmente colpito. La prima è che i cambiamenti climatici non sono certo l’unica causa delle migrazioni ma sicuramente sono tra le più importanti. Naturalmente come hanno sottolineato alcuni relatori c’è un insieme di concause che spingono determinate popolazioni ad allontanarsi dalle proprie terre di origine. Ad esempio delle inondazioni o al contrario la ripetuta siccità possono favorire dei conflitti per l’accesso alle fonti d’acqua o ai terreni fertili che si sono ridotti. Spigolando qua e là abbiamo ritenuto importante l’apporto – anche sotto il profilo storico – di Alberta Milone (membro dell’esecutivo Associazione Nazionale Giuristi democratici ). La Milone ha ricordato che il primo richiamo ai cambiamenti climatici si è avuto alla conferenza di Stoccolma del 1972. Il concetto è stato ripreso e poi sviluppato nel 1979 a Ginevra. Tappa importante è stata quella del 1992 con la convenzione quadro che poi ha portato al fondamentale protocollo di Kyoto, a cui però hanno aderito solo il 14% dei paesi del mondo. Un accordo rilevante è stato quello di contenere l’aumento della temperatura entro i 2 gradi che si raggiunse a Parigi con l’auspicio di rimanere al di sotto del grado e mezzo. I limiti di questo accordo è che gli obblighi sono volontari. Quindi non ci sono controlli. Molto interessante è stata anche l’apporto di Elly Schlein che ha tratteggiato la figura del rifugiato climatico. Sarebbe l’immigrato che abbandona il suo paese per fenomeni naturali estremi. Una definizione giuridica di questa figura sarebbe utile per poter intervenire e quindi aiutare queste popolazioni che, al momento, la legislazione internazionale fa fatica a rilevare.